I gagliardetti, spesso, riconducono a ricordi perché sono frammenti della storia del calcio.
Nel nostro caso il gagliardetto odierno del Napoli risalente al 1953, rigorosamente in azzurro e con il ricamo dello stemma societario, rimanda alla leggenda di un uomo che pensava in grande, un visionario che dal 1936 ha fatto sognare la gente di Napoli attraverso il calcio.
Quest’uomo fu Achille Lauro “O Comandante”, come veniva chiamato a Napoli, poiché a capo della flotta Lauro.
Un uomo bizzarro ma certamente un vero e proprio “self made man” che riuscì a costruire con determinazione ed astuzia un colosso come la flotta Lauro che dopo il secondo conflitto mondiale divenne la maggiore compagnia navale del Vecchio Continente.
Napoli era tutta per lui ed i napoletani erano legatissimi a lui.
Riuscì per ben tre volte ad essere eletto Sindaco della città con un plebiscito di voti a suo favore segno del legame che si era saputo creare con la cittadinanza grazie anche al calcio ed alla imprese del Napoli.
Lauro riuscì, per la prima volta, a far pensare in grande i tifosi del Napoli con lungimiranza nella gestione societaria ed anche rigore.
Certo i successi si limitarono sono alla Coppa Italia, conquistata nel 1962 mentre il Napoli giocava in Serie B, ma questo consentì comunque agli sportivi napoletani di capire quanto il calcio potesse dare loro grandi soddisfazioni.
Epico fu l’acquisto di “Hasse” Jeppson attaccante della nazionale svedese che negli anni Cinquanta esprimeva l’estetica di un calcio fatto di grandissimi campioni quali, oltre a Jeppson, Liedholm, Gren, Nordhal.
Lauro, all’epoca intento a conquistare l’elezione a primo cittadino di Napoli, lanciò lo slogan elettorale
“Per una grande Napoli e per un grande Napoli”.
Dopo essersi consultato con il suo allenatore Eraldo Monzeglio andò a prendere l’attaccante svedese dell’Atalanta registrando un acquisto record per l’epoca.
Lauro era stato eletto Sindaco e la Napoli calcistica poteva continuare a sognare con le gesta di colui che venne soprannominato Mister Centocinque ovvero i milioni che il prodigo “Comandante” sborsò per ingaggiarlo.