Via Filadelfia, Torino. Una normale strada di un borgo cittadino che resterebbe solo un mero riferimento toponomastico se non fosse invece ben più nota per il nome associato allo stadio di una delle più grandi squadre italiane. Il Torino che, prima di diventare il “Grande Torino”, era la squadra del “trio delle meraviglie” LIbonatti, Baloncieri e Rossetti protagonisti delle vittorie granate a partire dalla scudetto del 1926 – 1927, poi revocato, e del secondo conquistato nella stagione successiva.
Uno stadio che fin dalla sua inaugurazione emanava fascino e anche un certo timore. Il “Campo Torino”, come venne nominato all’inaugurazione nel 1926, costruito per volontà del Presidente Enrico Marone di Cinzano. Lo stadio dei ragazzi di via Filadelfia, undici granata uniti da una grande passione per la loro squadra accompagnati dallo strabordante tifo e attaccamento dei tifosi.
Un pezzo della storia di quella squadra torna oggi in Italia nella collezione PennantsMuseum ed è un gagliardetto che raccoglie in se piccole storie che vale la pena raccontare.
La prima, quella più scontata, riguarda il motivo per cui questo gagliardetto fu realizzato. La data su di esso ricamata ci porta al 1932, anno XI (dell’Era Fascista) come si scorge nel ricamato deteriorato sotto la scritta 30 ottobre 1932. Quel giorno, come ci ricorda la pagina del “Calcio illustrato” al “Filadelfia” si trovarono di fronte il Torino contro gli ungheresi del Budai.
Una partita amichevole che seguiva quella che il Torino disputò, due giorni prima, contro i francesi del Red Star. La cronaca dell’incontro riporta “una partita affrontata in sordina dall’incompleto undici granata e chiusa in parità”.
La seconda storia è quella della denominazione sopra lo stemma societario, quell’anglofono Torino Football Club così inviso al regime fascista che faceva, anche dell’autarchia linguistica, uno dei punti essenziali. Questo fu il motivo per cui dalla stagione 1936 – 1937, per volontà del regime, il Torino fu costretto, come molte altre squadre italiane, a passare alla denominazione Associazione Calcio Torino.
Il terzo aneddoto riguarda lo stemma, lo splendido scudetto contornato da un celeste che lascerebbe pensare a una qualche riconoscenza verso Casa Savoia. Lo stemma ovale partito del Torino si staglia, invece, su uno sfondo tricolore che ricorda la conquista del titolo di Campioni d’Italia di qualche anno prima. Tale simbolo era comparso anche sui distintivi che furono realizzati immediatamente dopo la conquista del primo scudetto.
La tipologia dello stemma indurrebbe a pensare che il gagliardetto sia stato in uso anche negli anni precedenti e realisticamente non prima del 1927, anno del primo scudetto, e fino almeno al 1935. In quell’anno infatti entra in uso un’altra versione della foggia di un labaro.
Fedele al labaro il Torino, a partire dalla stagione 1936 – 1937, realizzò un esemplare similare con la nuova denominazione e, a seguire, entrò in uso il gagliardetto triangolare che accompagnò gran parte dell’epopea del Grande Torino.
Infine la quarta curiosità del gagliardetto è nel retro. Sul tricolore, infatti, campeggia lo stemma Savoia affiancato sulla destra dal fascio littorio. Questi due simboli erano presenti, dal 1922, nello stemma della Federazione Italiana Giuoco Calcio ma anche la squadra campione d’Italia si poteva fregiare di tale emblema sulle proprie maglie. In pratica un simbolo antesignano dello scudetto tricolore che per primo, nel 1921, il vate Gabriele D’Annunzio dispose di far utilizzare a una rappresentativa calcistica al periodo della cosiddetta “Impresa di Fiume”.
Quattro curiosità racchiuse in un gagliardetto che rappresenta ben altro: un piccolo tassello della gloriosa storia dei ragazzi in maglia granata di Via Filadelfia.
Come sempre Cianfanelli è CIANFANELLI
Grazie Silvio. Hai contribuito anche te all’articolo segnalandomi la foto del labaro A.C. Torino